Ricordo che nel 2016 mi colpì molto leggere la notizia che in Francia fosse diventato legge il ‘diritto alla disconnessione’. Il fatto che fosse necessario trascrivere in un codice il diritto di un lavoratore a non leggere e-mail o messaggi su computer o device dopo l’orario di lavoro, la diceva lunga sul livello di ‘invasione’ che le nuove tecnologie avevano raggiunto. Si iniziava a parlare di patologie da stress legate ad un uso eccessivo degli smartphone, principalmente imputabili al senso del dovere e alla volontà di non “scollegarsi” mai dalle faccende lavorative.
Quando ero bambina, raramente capitava che qualche cliente di mia madre telefonasse a casa la sera. In quelle occasioni, mia sorella ed io dovevamo rispondere, con gentilezza, di chiamare in studio l’indomani mattina. Con l’arrivo dei cellulari e delle e-mail la situazione è profondamente cambiata: entrare nella dimensione privata delle persone, senza la percezione di disturbare, è diventato molto semplice. La differenza tra allora e oggi sta in questo non trascurabile dettaglio: un tempo, una volta chiuso il portone dell’ufficio, ‘staccavi la spina’, ti lasciavi alle spalle un mondo per entrare full time nella vita famigliare. Oggi l’irreperibilità è diventata una scelta, una prerogativa legata unicamente alla forza di volontà di ciascuno di noi.
Il nostro essere così dipendenti dai device si riflette anche sull’educazione che diamo ai nostri figli. Spesso ci arrabbiamo perché dopo la scuola, anziché chiederci di uscire a giocare o costruire città con i Lego, vogliono usare il nostro cellulare. Probabilmente ci sfugge che il loro modello siamo proprio noi e la scusa ‘a me serve per lavoro’ non regge quando poi ci vedono sfogliare giornali, leggere libri o andare sui social, tutto ‘on line’!
Questa riflessione ha spinto me e mio marito a prendere una decisione abbastanza radicale: seguendo il suggerimento di Arianna Huffington, diventata una delle fautrici più accanite della disconnessione “per rilassarsi, prendersi cura del nostro corpo e della nostra anima”, da qualche tempo la sera mettiamo ‘a nanna’ i cellulari, ognuno nel suo ‘lettino’.
La prova ha prodotto ottimi risultati, ma servono impegno e costanza perché piccoli gesti di buona volontà diventino abitudine. Non sempre ci riusciamo, ma vale la pena mettersi in gioco!
Buona disconnessione. Arianna